Economia – L’Italia è l’unico paese in cui non crescono i salari – Ecco perché

08/07/2022

L’Italia ha un triste primato: è l’unico paese in Europa in cui negli ultimi 20 anni sono diminuiti i salari reali. Ma la causa di questa emergenza non è semplicemente il costo del lavoro più elevato, rispetto agli altri paesi.

La situazione è più complessa, ed è stata illustrata nell’ultimo studio realizzato dalla redazione di Fanpage.it: “L’analisi del salario medio rappresenta solo un “riassunto” della situazione degli stipendi italiani: per comprendere bene la storia bisogna leggere tutto il libro e non accontentarsi dei riassunti, cioè studiare l’intera distribuzione dei salari e non focalizzarsi unicamente sulla media. Per farlo, abbiamo fatto una classifica delle imprese italiane a seconda del salario che pagano ai propri dipendenti e – fatte 10 le imprese – abbiamo selezionato la nona, la quinta e la seconda” – si legge sulla pagina di economia di Fanpage.it, che spiega il risultato della propria analisi:

“La distanza tra gli estremi selezionati e il valore centrale (la mediana) ci dirà se siano i salari più bassi o quelli più alti a essere diminuiti. In realtà, entrambe le distanze sono aumentate, sia quella tra i salari alti e mediana, che quelli tra salari bassi e mediana. Cosa ci dicono questi dati? Da un lato, che ci sono sempre più lavoratori pagati poco, mentre quelli pagati molto sono sempre meno, ma che hanno aumentato i loro stipendi nel tempo. Questa differenza nella paga dei lavoratori è prevista dalla teoria economica, secondo cui i lavoratori dovrebbero essere pagati in base alla loro produttività. La produttività è un concetto che spiega quanto sia possibile produrre a parità di risorse utilizzate, si tratti di ferro in un contesto industriale, o di ore di lavoro umane nel settore dei servizi. Un’altra ragione della diminuzione dei salari risiede proprio nella produttività: è risaputo – e i dati lo dimostrano – che in Italia la produttività sia ferma al palo da anni, e anche per questo i salari non aumentano”.

Ma non tutte le imprese pagano i lavoratori in base allo loro produttività. Infatti, si legge ancora nello studio di Fanpage:  “Si tratta del potere di monopsonio, che alcune imprese hanno e sfruttano per abbassare i propri costi legati alla manodopera. Alcune imprese, tramite questo potere contrattuale maggiore che hanno a disposizione, riescono a pagare i lavoratori meno di quanto dovrebbero: in generale, questo porta a una diminuzione dei salari medi, perché compressi immotivatamente da alcune imprese con il solo scopo di contenere i propri costi”.

Poi esistono anche fattori strutturali che “contribuiscono a modellare il livello delle retribuzioni, ma non possono spiegare la differenza così marcata nel tasso di crescita riscontrata negli ultimi vent’anni nei confronti degli altri Paesi europei”.

E per quanto riguarda l’alto costo del lavoro: 

“E’ comune pensare che il costo del lavoro sia esageratamente alto in Italia, e spesso si propone di abbassarlo per far aumentare il livello delle retribuzioni nette. Nonostante ciò, va sottolineato come l’Italia non spicchi tra i Paesi europei con il costo del lavoro più alto: in una nota dell’Eurostat viene mostrato come il costo del lavoro nel 2019 sia totalmente in linea con la media dell’Unione Europea, e addirittura minore della media dell’area Euro. Inoltre, è significativamente minore rispetto a quello di paesi concorrenti come la Germania o la Francia. Tutti questi paesi hanno visto i propri salari medi crescere, nonostante un costo del lavoro più alto e cresciuto più di quanto successo per l’Italia (+3,30 euro per lavoratore in Italia, +5,63 e +6,83 per Francia e Germania, rispettivamente – dati Eurostat)”.

Quale allora una possibile via d’uscita? La pagina di economia di Fanpage presenta alcune soluzioni:

“Vista la criticità dell’estremo sinistro della distribuzione dei salari, implementare strumenti che rinforzino i minimi salariali può aiutare a fermare il declino. Una delle possibilità di cui si parla in questi giorni è l‘introduzione di un salario minimo, uno strumento efficace in questo senso. D’altro canto, è fondamentale per l’Italia ripopolare l’estremo destro della distribuzione, cioè far aumentare anche il numero di lavoratori che guadagnano stipendi alti. Per farlo, è necessario che le nostre imprese diventino più produttive: agire sulla concorrenza, incentivare l’innovazione tecnologica, favorire strutture manageriali più efficienti, sono alcune delle strade da percorrere per ripartire”.

 

 

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