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18/07/2022

E-Commerce: l’accelerazione non si ferma, ma il campo è ancora poco regolamentato

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E-Commerce: l’accelerazione non si ferma, ma il campo è ancora poco regolamentato

E-commerce: l’accelerazione non si ferma, spiega l’Ispi, Istituto per gli Studi di Polirtica Internbnazionale. Nell’ultima analisi, l’Istituto ha evidenziato come:
“Il commercio elettronico aveva già subito una brusca impennata durante il primo lockdown nel 2020, quando il valore di beni e servizi acquistati online, secondo stime elaborate dal Politecnico di Milano, sarebbe stata a livello globale del 26% rispetto al 2019. In realtà si tratta di un trend che era già in forte crescita, anche se è innegabile che la pandemia abbia favorito la crescita delle transazioni online: secondo Forbes, l’accelerazione è stata tale che in meno di un anno è stato registrato l’aumento che, secondo l’andamento precedente alla pandemia, si sarebbe verificato in un periodo di 4-6 anni. Un altro modo per stimare la crescita delle transazioni internazionali è misurando i flussi di dati cross-border: operazione non semplice a livello metodologico, ma che secondo le rilevazioni dell’UNCTAD conferma il forte aumento delle transazioni online avvenuto negli ultimi anni. Secondo l’organizzazione ginevrina, infatti, l’utilizzo globale di Internet risulta in aumento del 35% nel solo 2020 e il traffico mensile di dati a livello mondiale dovrebbe triplicare entro il 2026”.

L’opportunitaà dell’E-Commerce.

“Indubbiamente – spiega l’Ispi – ” l’e-commerce è considerato un canale sempre più importante per la crescita e lo sviluppo delle aziende, ed è valutato come un’utile opportunità in particolare dalle PMI che possono sfruttare i marketplaces virtuali come trampolini di lancio per sbarcare in maniera più rapida e a basso costo sui mercati internazionali. Secondo una recente survey effettuata da UPS su un campione di oltre mille PMI in nove Paesi di riferimento (Brasile, Canada, Francia, India, Indonesia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Vietnam), l’e-commerce è utilizzato ormai dalla maggioranza delle imprese e la pandemia è stata interpretata da molte PMI come uno stimolo per investire in digitalizzazione e rafforzare la propria presenza su piattaforme online.

Tuttavia, non sono pochi i problemi che le aziende devono ancora affrontare per essere meglio presenti sui mercati esteri. Tra le principali sfide menzionate rientrano la carenza di digital skills, la necessità di maggiori investimenti in infrastrutture digitali, le procedure doganali da semplificare, e l’importanza di rafforzare le supply chains globali dopo due anni in cui le vulnerabilità del sistema degli scambi sono venute a galla. Così come non si possono trascurare questioni legate a un mercato – quello dei marketplaces e delle grandi piattaforme digitali – ancora scarsamente regolato e che ha dunque favorito i primi a esservi entrati. A livello di Paesi, sono Stati Uniti e Cina a spartirsi le principali quote di mercato: Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet (Google), Facebook, Tencent e Alibaba sono le più grandi aziende globali del settore e stanno investendo in maniera significativa per accrescere la loro presenza in tutti i segmenti della catena del valore, dalla raccolta dati alle infrastrutture che servono per veicolare i dati (ad esempio cavi sottomarini).

È dunque chiaro che servono regole nuove e il più possibile condivise per cercare di ridurre la concentrazione di mercato e consentire ad altri attori di partecipare sulla base di condizioni più aperte ed eque, cercando di favorire soprattutto le aziende più piccole che altrimenti rischierebbero di essere dei semplici rule-takers. L’ambiente più appropriato per la definizione di tali regole sarebbe l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), ma la strada da fare è lunga e i progressi abbastanza lenti.

 

Ecco le  novità emerse dalla Ministeriale WTO, purtroppo ancora poche

“Lo scorso mese di giugno – spiega l’Ispi – ” si è svolta a Ginevra – dopo numerosi rinvii a causa della pandemia – la 12esima Conferenza Ministeriale del WTO: un incontro molto atteso nei confronti del quale gli osservatori riponevano molte speranze per consentire di fare passi avanti in tema di multilateralismo commerciale dopo anni di sostanziale stallo. Tra i dossier aperti sul tavolo c’era anche quello relativo alla progressiva liberalizzazione del commercio elettronico: per la verità, i progressi fatti in questo campo sono stati abbastanza limitati. Innanzitutto, non è stato raggiunto alcun risultato concreto nell’ambito del Work Programme on Electronic Commerce, dato che i ministri del Commercio dei Paesi membri si sono limitati a un vago impegno per “rinvigorire” l’attività su questa specifica iniziativa, a parte promettere maggiori risorse per programmi di assistenza volti a rafforzare le competenze digitali nei Paesi in via di sviluppo.

Il risultato più importante è stato però quello che ha permesso di evitare quello che sarebbe stato un pesante passo indietro: ovvero, la decisione di prorogare (una volta ancora, ogni due anni dal 1998 a oggi) la moratoria sui dazi doganali per le trasmissioni elettroniche. India, Indonesia e Sudafrica premevano per l’abolizione della moratoria al fine di incrementare le proprie entrate doganali, ma in realtà una simile eventualità avrebbe innalzato una pesante barriera ai traffici di dati (che devono peraltro fare i conti con ostacoli già ostici come ad esempio il geoblocking). In parallelo, prosegue – sempre a passi lenti – la Joint Initiative on e-Commerce, intrapresa nel 2019 da un gruppo ristretto di 71 Paesi al fine di individuare alcune regole comuni per standardizzare le pratiche relative agli scambi di dati.

 

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