
Territorio
28/01/2025
2000 aziende italiane a rischio fallimento – Ecco i brand a rischio chiusure (e licenziamenti)
2000 aziende italiane a rischio fallimento – Ecco i brand a rischio chiusure (e licenziamenti)
Negli ultimi tre anni, circa 2.000 aziende italiane hanno avviato procedure di composizione negoziata della crisi, un dato che riflette un aumento del 60% in un solo anno e mette in evidenza le crescenti difficoltà economiche di numerose imprese. Questi problemi riguardano sia industrie che marchi di rilievo internazionale, incapaci di sostenere la produzione e le vendite a causa di crisi geopolitiche, guerre in corso, cambiamenti energetici, calo dei consumi e la crescente concorrenza degli acquisti online.
Tra i settori più colpiti vi sono il retail e le industrie strategiche, fondamentali per l’economia di interi territori. Le aziende ricorrono alla procedura negoziata per cercare soluzioni che evitino fallimenti, chiusure, riduzione della produzione e licenziamenti. Questo strumento, pensato per aiutare le imprese prima che il collasso diventi irreversibile, è rapido e prevede la mediazione di un esperto tra creditore e debitore. Tuttavia, segnala l’esistenza di gravi squilibri finanziari.
Alcuni marchi famosi attualmente in crisi includono Conbipel, che rischia di chiudere decine di negozi e mette a repentaglio 1.000 posti di lavoro; Coin, che ha già chiuso 8 punti vendita; e Kasanova, che ha ridotto la sua presenza in città come Palermo, Lecco e Prato. Tra le industrie, figurano aziende come Caffitaly, Pro-Gest e Cln Group, quest’ultima colpita dalla crisi del settore automobilistico europeo.
Inoltre, il ministero delle Imprese e del Made in Italy sta monitorando 34 crisi industriali attraverso tavoli di confronto. Tra i marchi sotto osservazione vi sono Beko, La Perla, Acciaierie d’Italia, Piaggio Aero Industries e Eni Versalis, con oltre 105.000 lavoratori coinvolti e a rischio licenziamento. La Confederazione Generale del Lavoro (CGL) ha sottolineato come il sistema industriale italiano non stia riuscendo a fronteggiare le sfide delle transizioni verde e digitale, che invece di fungere da motore di crescita potrebbero peggiorare la situazione economica e aumentare la precarietà lavorativa.
Le difficoltà economiche e finanziarie di queste imprese riflettono una debolezza sistemica, che richiede interventi strutturali per incentivare lo sviluppo produttivo e tutelare l’occupazione in un momento critico per il panorama industriale italiano.
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