
Studio rivoluzionario nella lotta all’Alzheimer- Arriva il farmaco che riduce di un terzo il declino mentale

Studio rivoluzionario nella lotta contro l’Alzheimer- Arriva il farmaco che riduce di un terzo il declino mentale
I risultati di uno studio clinico definito “rivoluzionario” hanno dimostrato che il nuovo farmaco rallenta il danno cerebrale nei pazienti con malattia di Alzheimer .
In particolare “la metà dei sintomi dei pazienti non è peggiorata per 12 mesi e coloro che hanno assunto il farmaco hanno avuto in media il 35% in meno di declino mentale dopo 18 mesi”
Il farmaco si chiama Donanemab e agisce abbattendo le placche amiloidi che si accumulano nel cervello.
Lo studio
L’azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly ha pubblicato i risultati dello studio clinico di fase tre per il donanemab, un anticorpo monoclonale che sembra ridurre la presenza delle placche amiloidi, una delle cause dell’Alzheimer.
Lo studio ha coinvolto circa 1700 pazienti con segni iniziali di declino cognitivo e altri marcatori legati all’Alzheimer. Il 47% dei pazienti trattati con donanemab non ha avuto progressione clinica durante l’anno di trattamento, contro il 29% dei pazienti trattati con placebo. Tuttavia, gli effetti collaterali non sono mancati, con il 24% dei pazienti che hanno sviluppato Aria-E e il 31,4% Aria-H. La differenza assoluta fra il gruppo trattato con l’anticorpo e quello che ha ricevuto il placebo sarebbe di poco inferiore a 0,7, un valore inferiore a quello considerato clinicamente rilevante nella progressione della malattia.
La comprensione delle cause dell’Alzheimer è importante, ma sarà necessario attendere ulteriori dati per valutare i rischi e i benefici del farmaco:
“Siamo incoraggiati dai potenziali benefici clinici che donanemab può offrire, anche se, come molti trattamenti efficaci per malattie debilitanti e fatali, vi sono rischi associati che possono essere gravi e pericolosi per la vita”. Così ha dichiarato Mark Mintun, vice-presidente del gruppo Neuroscience Research & Development presso Lilly e presidente di Avid Radiopharmaceuticals.
“Notiamo – ha aggiunto – che questi risultati suggeriscono che le persone nella fase iniziale della malattia potrebbero essere le più reattive ai terapici che hanno come bersaglio l’amiloide”