Elon Musk e Peter Thiel – Nasce una nuova stagione politica e di ordine mondiale? Lo studio

26/02/2025

Elon Musk e Peter Thiel – Nasce una nuova stagione politica e di ordine mondiale?

E’ il libro The Technological Republic, scritto da Alexander Caedmon Karp e Nicholas W. Zamiska, offre una riflessione sul futuro della tecnologia e del potere politico. Karp, miliardario americano e CEO di Palantir Technologies, e Zamiska, dirigente della stessa azienda, delineano una visione che si allinea con le idee di figure come Peter Thiel ed Elon Musk. Il volume, pubblicato in un momento strategico, non è solo l’espressione del pensiero degli autori, ma rappresenta anche un manifesto per una nuova fase politica e globale.

Il contesto e il ruolo di Palantir
Palantir Technologies, fondata nel 2003 da Peter Thiel, Alex Karp e altri imprenditori, si è specializzata nell’analisi avanzata dei dati, ottenendo contratti con agenzie governative come il Pentagono, la CIA e l’FBI. Il legame tra Thiel e Musk, nato negli anni ’90 durante l’epoca PayPal, si è consolidato nel tempo, portando a collaborazioni strategiche che ora coinvolgono anche Palantir. L’azienda è stata particolarmente avvantaggiata dall’amministrazione Trump e, con Musk alla guida del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), sta lavorando per formare un consorzio di imprese orientato alla difesa nazionale.

“The Technological Republic presenta un severo avvertimento sulla traiettoria della società occidentale di fronte al rapido progresso tecnologico, in particolare nell’intelligenza artificiale (IA) –  scrive Paolo Benanti, Professore presso Pontificia Università Gregoriana – “Gli autori sostengono che l’Occidente, specialmente gli Stati Uniti, è diventato compiacente, dando priorità alla tecnologia di consumo e ai guadagni a breve termine rispetto alla sicurezza nazionale e alla preservazione dei suoi valori fondamentali. Lanciano un appello all’azione, sollecitando un rinnovato impegno verso l’innovazione tecnologica al servizio degli interessi della nazione, tracciando parallelismi con momenti storici in cui scienza e stato si sono allineati per superare minacce esistenziali. La tesi centrale ruota attorno all’idea che il futuro dell’Occidente dipende dalla sua capacità di sfruttare la tecnologia, specialmente l’IA, in un modo che rafforzi anziché minare le sue libertà democratiche e l’identità culturale. Ciò richiede un cambiamento significativo nella mentalità, allontanandosi dalla percepita superficialità delle attuali ossessioni della Silicon Valley e verso un impegno più profondo con le sfide che la nazione deve affrontare.

Karp e Zamiska rivolgono una parte significativa della loro critica alla cultura della Silicon Valley, che vedono come smarrita. Sostengono che l’incessante ricerca del profitto e l’attenzione alle tecnologie orientate al consumatore hanno portato a una negligenza di aree critiche come la difesa, le infrastrutture e la ricerca di base. Gli autori suggeriscono che il “nichilismo superficiale e velato” di slogan aziendali come “don’t be evil” (e successivamente “do the right thing”) incarna una generazione di ingegneri più concentrati sull’identificazione e la resistenza ai mali percepiti che sulla navigazione delle complesse realtà del mondo.

Il libro suggerisce che il pubblico dovrebbe esigere di più in cambio della vasta licenza concessa agli ingegneri e agli imprenditori della Silicon Valley, sostenendo che “la posta elettronica gratuita non è sufficiente”.

Una preoccupazione significativa è l’erosione della fede nei valori occidentali e nell’identità culturale. Gli autori sostengono che la cultura elitaria contemporanea ha fatto un patto per mantenere il potere, considerando la fede stessa come pericolosa. Questo è visto come una conseguenza di una focalizzazione sul controllo del linguaggio e del pensiero, combinata con codici non pubblicati riguardanti il discorso e il comportamento, che priva gli individui dell’abitudine e dell’istinto necessari per sviluppare credenze sinceramente sostenute e autentiche”.

Quindi, aggiunge il professor Benanti:

“I due autori sottolineano con forza le preoccupazioni riguardo alla formazione di una “classe dirigente tecnocratica” negli Stati Uniti, suggerendo che il pubblico dovrebbe esigere qualcosa di sostanziale in cambio della vasta libertà concessa agli ingegneri e agli imprenditori della Silicon Valley. Facendo riferimento a “The Protestant Establishment” di E. Digby Baltzell, il testo evidenzia la necessità di un’aristocrazia guidata dal talento che rimanga aperta a nuovi membri, prevenendo la degenerazione in rigide strutture di casta. Per giungere a questa proposta di creazione di una nuova élite i due partono dalla critica dell’attuale élite. Karp e Zamiska sostengono che l’attuale classe tecnologica spesso si concentra sul software e sull’IA fermandosi prima di affrontare questioni nazionali più ampie. Quello che i due auspicano è la nascita di un’aristocrazia guidata dal talento, implicando che il merito dovrebbe essere un fattore chiave nella formazione di questa élite. Questa élite dovrebbe rimanere aperta a nuovi membri per evitare di diventare una casta chiusa basandosi su una cultura condivisa per garantire la continua sopravvivenza e coesione. Gli autori traggono spunto da “La Repubblica” di Platone tanto per dire che i buoni leader non dovrebbero governare per guadagno personale, ma per senso del dovere, quanto per implicitamente intendere che, forse, il sistema politico adatto per questo tempo non sia democratico, ma quello rappresentato una forma di aristocrazia intellettuale dove il potere è esercitato dai “migliori”, che sono tali, in Platone, non per ricchezza o stirpe, ma per virtù e saggezza.

I due autori suggeriscono quindi che la formazione di un’élite sia inevitabile e persino necessaria per una repubblica, da intendersi in senso platonico, ma deve essere un’élite aperta, meritocratica e impegnata negli obiettivi più ampi della nazione piuttosto che in stretti interessi personali ed esprimono preoccupazione che l’attuale élite tecnologica possa non essere all’altezza di questi ideali, sollecitando misure per garantire la loro responsabilità e il riallineamento con il bene pubblico.

Oltre la critica delle élite attuali e al teorizzazione di un nuovo gruppo dirigenziale, i due presentano Palantir come un’entità unica che sfida le convenzioni della Silicon Valley e le pratiche aziendali americane tradizionali: la missione di Palantir sarebbe quella di servire gli interessi della sicurezza nazionale, con la sua cultura organizzativa distinta e la sua mentalità ingegneristica.

Palantir è stata fondata con l’intento specifico di lavorare per le agenzie di difesa e intelligence americane, in particolare in seguito agli attacchi dell’11 settembre ed è questo focus sulla sicurezza nazionale che la distingue da molte altre aziende tecnologiche della Silicon Valley che danno la priorità ai mercati di consumo, radicandola nella convinzione che la tecnologia debba contribuire alla protezione dei valori e della sicurezza americani.

Gli autori descrivono la cultura organizzativa di Palantir come un “rifiuto diretto del modello standard nella pratica aziendale americana” e che l’azienda miri a coltivare un ambiente in cui l’attrito creativo sia preservato, la fragilità intellettuale sia respinta e in cui ci sia la volontà di resistere alla pressione del conformismo.

La cultura organizzativa unica è descritta ricorrendo a un parallelismo tra l’organizzazione sociale di Palantir e quella degli sciami di api e degli stormi di storni, suggerendo un modello di coordinamento decentralizzato e intelligenza collettiva che animerebbe il modo di fare business dell’azienda. Secondo i due dirigenti, quanto realizzato in Palantir mirerebbe a creare una cultura ingegneristica flessibile focalizzata sui risultati piuttosto che su gerarchie rigide e autopromozione. Questa mentalità ingegneristica di Palantir enfatizza una spietata ricerca dei risultati, lo scetticismo verso ogni ideologia e la volontà di affrontare il mondo così com’è, piuttosto che come si vorrebbe che fosse.

Di fatto Palantir è presentata come un tentativo di costruire un “impresa collettiva” che fonde teoria e azione dove l’implementazione del software da parte dell’azienda e il suo lavoro nel mondo costituiscono l’azione, mentre il libro “The Technological Republic” è presentato come un’articolazione della teoria sottostante.

Inoltre, la volontà di Palantir di impegnarsi con una burocrazia eccessiva e l’ambivalenza pubblica la distingue dalle altre società tecnologiche che hanno voltato le spalle all’esercito.

Il software di Palantir è stato utilizzato in vari scenari ad alto rischio, come la previsione del posizionamento di bombe lungo le strade in Afghanistan e l’assistenza alle forze dell’ordine nelle città americane. Il lavoro dell’azienda con l’esercito americano e il personale delle forze speciali in Afghanistan per sviluppare software che aiutasse a prevedere il posizionamento degli IED evidenzia la sua attenzione alla fornitura di risultati tangibili in ambienti difficili. A New Orleans, una piattaforma di Palantir, chiamata Gotham, è stata utilizzata dal dipartimento di polizia per integrare e analizzare le informazioni sulle reti criminali e affrontare la violenza armata.

In sintesi, il modello Palantir, come descritto dagli autori, è caratterizzato dal suo incrollabile impegno per la sicurezza nazionale, dal rifiuto delle norme aziendali convenzionali, dalla cultura organizzativa unica e dalla mentalità ingegneristica focalizzata sulla fornitura di risultati tangibili”.

 

 

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