
Politica
28/01/2025
La premier Meloni indagata per favoreggiamento e peculato insieme a Nordio – “Io a testa alta, non sono ricattabile”
La Premier Meloni e altri membri del governo indagati per il caso Almasri
La premier Giorgia Meloni è sotto inchiesta da parte della Procura di Roma con l’accusa di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del generale libico Osama Almasri. Coinvolti nell’indagine anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, Autorità delegata ai servizi segreti.
La vicenda Almasri
Il generale Almasri, scarcerato e trasferito in Libia con un volo di Stato italiano, era ricercato dalla Corte Penale Internazionale per reati gravi come omicidi, torture e stupri. La decisione di rimpatriarlo è stata presa dal Ministero della Giustizia, nonostante il mandato di arresto internazionale emesso nei suoi confronti.
È stata la stessa premier Meloni a rendere pubblica l’indagine attraverso un video sui suoi canali social, mostrando l’avviso di garanzia ricevuto. Nel suo messaggio, la presidente del Consiglio ha criticato il procuratore Francesco Lo Voi, lo stesso che aveva gestito il processo contro Matteo Salvini per sequestro di persona, rivelatosi poi fallimentare. Ha inoltre dichiarato di non sentirsi “ricattabile” o intimidita dalle accuse, ribadendo il suo impegno per il bene e la sicurezza dell’Italia.
Secondo Meloni, l’indagine sarebbe stata avviata in seguito a una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, noto per aver difeso pentiti come Buscetta e Brusca. La premier ha descritto Li Gotti come vicino alla sinistra e a Romano Prodi, sebbene l’avvocato abbia un passato politico legato al Movimento Sociale Italiano e ad Alleanza Nazionale, gli stessi partiti in cui Meloni si è formata.
La ricostruzione dei fatti
Meloni ha spiegato che il mandato di arresto internazionale nei confronti di Almasri sarebbe stato emesso dalla Corte Penale Internazionale solo dopo che il generale aveva soggiornato per 12 giorni in altri Paesi europei senza alcuna contestazione. La premier considera questo tempismo sospetto, sottolineando che la decisione di procedere con il rimpatrio mirava a tutelare la sicurezza nazionale.
Meloni ha affermato di voler proseguire il suo lavoro “a testa alta e senza paura”, interpretando l’indagine come un tentativo di ostacolare il cambiamento in Italia. Ha ribadito il suo impegno a difendere gli interessi del Paese, anche di fronte a pressioni e accuse.
“Io penso che valga oggi quello che valeva ieri, non sono ricattabile e non mi faccio intimidire: è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore, ma è anche e soprattutto per questo che intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione. A testa alta e senza paura” – ha dichiarato – “I fatti sono abbastanza noti. La Corte penale internazionale, dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che per 12 giorni aveva serenamente soggiornato in altri tre Stati europei”.
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