Economia

Milano

/

25/08/2022

Dopo sei mesi di guerra, chi sale e chi scende nel mondo dell’economia?

Economia europea sull’orlo di una possibile recessione, a causa della guerra in Ucraina

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Economia europea sull’orlo di una possibile recessione. Questa è una delle prime somme che si possono tirare dopo sei mesi di conflitto in Ucraina. I dati ieri pubblicati confermano infatti il secondo calo consecutivo del Purchasing Managers Index (PMI, misura dell’attività imprenditoriale) dell’Eurozona e dei nuovi ordini. 

Una performance negativa guidata dal settore manifatturiero (PMI ai minimi da 26 mesi), e concentrata nelle principali economie europee. In Francia Germania non si registravano valori così bassi dalla prima ondata pandemica. Viste anche le prospettive di razionamenti energetici in Europa, non sorprende che l’euro sia ai minimi dal 2002 nei confronti del dollaro. Ma anche l’economia americana non se la passa molto meglio: crollo dell’indice PMI ad agosto quattro volte quello europeo.

Economia russa: cosa accade?

Se l’economia del fronte occidentale soffre, quella russa ha evitato un tracollo ed è anzi in ripresa. Il rublo, che aveva perso un quarto del suo valore, è ora la valuta più performante al mondo nel 2022. La spesa dei consumatori è rimasta pressoché invariata. Mentre l’inflazione dal 18% è scesa intorno al 13%.

Grazie all’aumento delle importazioni di petrolio russo di India e Cina, Mosca ha visto la sua produzione di greggio ridursi di solo il 3% da febbraio. E complici i prezzi record del gas ha triplicato il suo saldo commerciale. L’impatto delle sanzioni è così stato attutito e la contrazione del PIL nel 2022 dovrebbe essere intorno al 5%. Non proprio quel calo di almeno il 10% inizialmente previsto da molti economisti.

Questione di tempo

Prima dell’inizio della guerra, il PIL russo era però dato in crescita del 2,5%. Il conflitto e le sanzioni costeranno quindi a Mosca almeno 7 punti percentuali di crescita. L’impossibilità di importare componenti e tecnologia di Europa e alleati ha poi frenato molte industrie russe. In particolare, l’automotive la cui produzione è crollata del 62% nella prima metà dell’anno.

Gli ex dipendenti russi delle aziende occidentali sono stati messi in congedo retribuito per mantenere artificialmente basso il tasso di disoccupazione. 500mila lavoratori hanno invece preferito abbandonare il Paese. Da cui sono fuoriusciti anche 15 miliardi di dollari di investimenti diretti stranieri: il dato peggiore mai registrato.

 

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