Territorio

12/08/2024

Alpi, la più grave minaccia arriva da un insetto di 5 millimetri. L’epidemia ha causato un disastro, più della tempesta Vaia. Cosa sta succedendo

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Alpi, la più grave minaccia arriva da un insetto di 5 millimetri. L’epidemia ha causato un disastro

La più grave minaccia per le Alpi in questo momento proviene da un minuscolo insetto di appena 5 millimetri: il bostrico, un coleottero responsabile di un’epidemia che sta devastando i boschi di abete rosso, superando i danni causati dalla tempesta Vaia del 2018.

Questo insetto attacca gli abeti già indeboliti, causando gravi perdite economiche e ambientali. L’aumento delle temperature e la siccità, effetti diretti della crisi climatica, hanno aggravato la situazione, permettendo al bostrico di proliferare e devastare intere foreste.

L’unica soluzione a lungo termine sembra essere la trasformazione delle monocolture di abete rosso in boschi misti più resilienti, anche se il processo è lento e complesso.

Ma con l’intensificarsi degli eventi climatici estremi, i boschi di abete rosso a bassa quota rischiano di scomparire, lasciando spazio a nuove formazioni vegetali più adatte alle mutate condizioni climatiche.

L’emergenza è alta, i numeri disastrosi

Secondo gli ultimi dati del 2023, il bostrico ha già distrutto 34mila ettari di boschi di abete rosso, equivalenti a circa sette milioni di metri cubi di legname. Questo ha provocato perdite economiche stimate in 224 milioni di euro, poiché il legno danneggiato viene venduto a un prezzo inferiore. Tuttavia, l’epidemia di bostrico è lontana dall’essere sotto controllo.

L’entomologo Massimo Faccoli, dell’Università di Padova, di recente, ha affermato che la battaglia contro questo insetto è ormai persa, e che entro qualche decennio la maggior parte dei boschi di abete rosso sotto i mille metri di altitudine potrebbe scomparire.

 

“Contro il bostrico l’uomo può fare pochissimo – si legge sul Fatto Quotidiano – ” soprattutto di fronte a infestazioni estese come quella italiana. Ciò su cui si può agire è la prevenzione. E l’opera più efficace, in tal senso, è la trasformazione delle peccete in boschi misti. In parole semplici: superare la monocoltura dell’abete rosso. Chi si occupa di questo specifico argomento è il dottore forestale e divulgatore scientifico Luigi Torreggiani, che insieme all’antropologo e giornalista Pietro Lacasella ha scritto un libro sul bostrico dal titolo Sottocorteccia – Un viaggio tra i boschi che cambiano (People). “Si fa presto anche a dire ‘superiamo la monocoltura’ – dice Torreggiani – Molto più difficile è farlo realmente. La fragilità dei boschi monospecifici e coetanei di abete rosso è evidente in Italia da decenni, da ben prima della terribile notte di Vaia. I gestori forestali italiani hanno già intrapreso con lungimiranza, dalla seconda metà del Novecento, una strada diversa, inevitabilmente lenta, come lo sono le dinamiche evolutive di una foresta. Oggi occorre iniziare a guidare il futuro dei boschi alpini con ancora più forza e coraggio, attraverso nuove sensibilità, necessità e idee, per traghettarli verso forme più stabili e resilienti, ma ancora capaci di generare servizi ecosistemici ed economia”.

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