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29/05/2023

Emergenza ragazzi “Neet”, giovani che non studiano e non lavorano – “In Italia sono un milione e mezzo. E’ un fallimento”

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Emergenza ragazzi “Neet”, giovani che non studiano e non lavorano “In Italia sono un milione e mezzo. E’ un fallimento”

In Italia, il numero dei giovani “neet” (Not in Education, Employment or Training) raggiunge la cifra pazzesca di un milione e seicentomila.

Questo termine indica i ragazzi e le ragazze tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano. Il tasso percentuale di giovani neet in Italia è del 15,9, rendendo il paese uno dei peggiori dell’Unione europea, esclusa solo la Romania.

I numeri evidenziano un quadro preoccupante per i giovani italiani.

Non è possibile spiegare un fenomeno così complesso con una sola causa, ed è sconsigliabile cercare semplificazioni. Tuttavia, sembra difficile dubitare del ruolo fondamentale svolto dalla scuola in questa situazione. Oltre alle famiglie e al ruolo di ciascun individuo, la scuola ha la responsabilità di svolgere una funzione determinante durante gli anni di formazione.

“Se un così alto numero di giovani – scrive Fulvio Giulian,  direttore de La Ragione – ” accetta supinamente lo scorrere del tempo, senza letteralmente far nulla, non deve essere stata instillata loro neppure la più piccola scintilla della curiosità, dell’intraprendenza e del sacrificio. Della bellezza dei sogni, senza i quali la vita rischia di ingrigire a qualsiasi età, ma che da adolescenti e giovani è anche solo difficile da immaginare.

Eppure le cifre sono lì a ricordare un clamoroso fallimento educativo, prima ancora che formativo. Sono anni che ne parliamo, ripetiamo sempre gli stessi concetti e non sembra cambiare mai nulla. Le generazioni finiscono per rimpallarsi colpe e responsabilità, ma è solo un girotondo inutile, buono a tacitarsi la coscienza.

La realtà dei ragazzi che non fanno niente, aggravata dal contesto dei pochissimi nati e del progressivo invecchiamento della popolazione, è uno schiaffo al nostro futuro e uno spreco intollerabile. Aggravato dalla sensazione che sia un po’ per tutti facilissimo assolversi, quando l’urgenza non sarebbe puntare il dito, ma darsi una mossa.

Ripetiamo, siamo convinti si debba partire dalla scuola e che lì debba nascere una narrazione diversa della vita. Poi, le scelte restano naturalmente individuali come le responsabilità, ma vanno forniti strumenti diversi e adatti ai tempi.”

 

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