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27/01/2023

In Italia crolla lo smart working: solo 1 occupato su 10 lavora da casa

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In Italia crolla lo smart working: solo 1 occupato su 10 lavora da casa

Nel nostro paese soltanto  il 14,9% degli occupati svolge parte dell`attività da remoto. una cifra bassissima, pensando che potrebbe arrivando al 40%, sulla base della potenziale telelavorabilità.

I dati emergono dalle ultime analisi di Inapp,  presentate nel corso della giornata di studi “Lavoro agile, definizioni ed esperienze di misurazione”.

E il Presidente dell`INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) Sebastiano Fadda commenta: “Svolgere una professione teoricamente telelavorabile  è una condizione necessaria, ma non sufficiente, perché si abbia la possibilità di sperimentare lavoro da remoto. I dati ci dicono che la quota del lavoro da remoto varia dal 25% per le professioni intellettuali o esecutive al 2% di quelle non qualificate. Dietro questa distribuzione vi è sicuramente il differente grado di fattibilità del lavoro da remoto nelle diverse professioni, ma anche la differente capacità manageriale di adottare nuovi modelli di organizzazione del lavoro facendo uso delle nuove tecnologie digitali”.

“Un primo altolà viene dai datori di lavoro nel settore privato extra-agricolo – spiega ItaliaOggi – ” per le imprese fino a 5 dipendenti l`84% dei lavoratori svolge mansioni che non possono essere eseguite a distanza, ma al crescere della dimensione dell`azienda si riduce tale quota (il 56,4% fra quelle medie, 50-249 addetti e 34,2% fra le realtà con oltre 250 addetti). Nel 2021 solo il 13,3% delle imprese intervistate ha utilizzato tale modalità. Secondo le analisi presentate oggi, a svolgere un lavoro telelavorabile sono soprattutto i laureati, i dipendenti delle imprese di grandi dimensioni, gli occupati nei servizi e i dipendenti pubblici. Incidenze leggermente superiori alla media delle professioni telelavorabili si rilevano tra le donne, i residenti nel Nord Ovest e nel Centro e le persone con diploma. “Dai dati, dunque, non emerge quel cambio di paradigma lavorativo che la pandemia sembrava aver innescato, almeno nel nostro Paese -ha concluso Fadda – è come se durante la pandemia avessimo vissuto in `una grande bolla` e il ritorno alla normalità stesse vanificando le potenzialità del lavoro a distanza, a causa di una ridotta capacità di introdurre radicali innovazioni nell`organizzazione del lavoro che preveda una combinazione di fasi di lavoro da remoto con fasi di lavoro in presenza”.

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